Villa Morosini

Jorrit Tornquist

 

Jorrit Tornquist, sin dalle prime esperienze degli anni sessanta, sembra accostarsi al colore come gli “amanuensi” si accostavano ai testi, sacri o antichi, con un’unica missione, quella di riconoscerne l’incommensurabile e definitiva grandezza, per poterla solo e semplicemente ripetere e tramandare. L’imparare, il conoscere, quindi il riportare e rapportare, non si manifesta solo come un passaggio della scienza, ma come uno strumento stesso della poesia. 

La realtà è uno stupore elementare, che Tornquist affronta, ricupera, anche rielabora, magari arricchendo ed allargando il ventaglio delle opzioni, per offrirci una spiegazione ed un paradigma di quello che ci contorna, che ci abita ed in cui abitiamo, di quello che viviamo e che ci vive attorno. 

L’invenzione, il riassunto creativo, l’opera o le opere – che il suo produrre conferisce una armonia sacrale, una compiutezza tutta particolare, alla serialità della sequenza (venendo quasi a costituire un terzium genus, indipendente sia dall’opera unica che dal multiplo) – hanno il compito di rielaborare la realtà senza tradire l’elemento naturale, senza discostarsene, eppure senza rappresentarlo; ma anche senza volerlo ricondurre al suo momento ideale, non riducendolo ad una sorta di essenza liofilizzata.

 Per Tornquist le opere, comprese quelle tridimensionali… ,sono un mezzo che non ha un fine perché non ha un principio. Pertanto ispessiscono il valore trasparente del buio così esattamente come aumentano la portata della luce, dimostrandosi in questa loro virtualità spaziale eminentemente preziose: fenomeni alchemici e sensoriali – suggerisce Walter Titz – della “luce del mondo raccontata nell’arcobaleno”1.

Nascono così opere come i “Cuscini”, i “Tessuti”, gli “Stracci”, che, oltre a confermare un approccio estremamente articolato nei confronti del proprio lavoro, tendono a definire un’identità concreta e dichiarata, una oggettualità conclusa: quella forma elaborata e raggiunta per il mezzo di quei materiali.

Tornquist  si confronta, senza remore e senza alcun limite, con l’intero mondo naturale, non tralasciando alcun aspetto percettivo, emotivo e psicologico: cercando di decifrare e riconoscere ogni valenza del colore, in tutte le sue empiriche potenzialità.